lunedì 5 novembre 2012

Essere sfrattati non è una gara a chi piscia più lontano


Parliamoci chiaro: essere sfrattati non è mai stato bello. Fin dalla notte dei tempi. Chiedetelo ad Adamo ed Eva, che complice la crisi pagarono una mela, non un tablet Apple, l'ira di dio!

Nel corso del tempo il concetto di proprietà privata è stato più volte trattato e setacciato, da quel culo allegro di Rousseau ai deliri etilici di Karl Marx.

Ciò nonostante, nessuno, neppure Yasser Arafat, ha mai compreso come evitare e risolvere il problema dello sfratto. La parola sfrattare deriva dal latino fracta che vuol dire siepe o macchia naturale. Anche se il vero significato pare sia da attribuire ad un luogo scosceso intricato di pruni e altri sterpi o arbusti.

Era comune l'espressione per indicare la cacciata via da un fondo o da una casa recintata con fratte. Ha quindi un significato originario contadino, agricolo.

Oggi nel mondo degli hipster, dei fenomeni da baraccone del web e dei social network, essere sfrattati è diventato sempre più arduo a meno ché non ci siano di mezzo personaggi lugubri e pretenziosi che nell'intento di realizzare video di dubbio gusto artistico utilizzano pulzelle illibate per soddisfare i loro appetiti sessuali tantrici alieni o se vogliamo la loro impotenza sessuale.

Non è ancora stata diffusa una cura né un vaccino, anzi in questo periodo di confusione invitiamo la popolazione pedemontana a non nutrirsi di frutti del castagno e di tenere sempre un piede fuori dal letto per motivi sismici. Anche perché i Maya, in fondo, potrebbero non avere tutti i torti.






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