venerdì 10 gennaio 2020

Rêverie (sogno o son desto?)



“Lascia che il sogno ti divori la vita, ma non permettere alla vita di divorare il sogno.”


C’è un mondo dentro questo mondo che non riesco a svelare; è fatto di pezzi di carne e nervi, di camicie sbrindellate e di canzoni del ’78, è sangue sul parabrezza, è canto lirico, stupore, un ancestrale e recondito orrore. C’è un sogno dentro il mio mondo, fatto di cosce, lingue, sudore, acqua frizzante e morfina per non sentire il peso della vita, del sogno, del mio mondo, dentro le fauci della pazzia di un ideale che non può essere, perché nessuno è pronto, nessuno risponde allo squillo di tromba della battaglia. Ogni spasmo, ogni attimo di gloria andrà perduto o dimenticato, ogni parola risuonerà vuota, in una notte di bivacco, in una solitaria e quieta disperazione. Come dentro una cantina infestata dalla muffa, egli giaceva in preda a un cantico di disperazione, un antico codice che quasi nessuno saprà decifrare adesso. Il tempo della battaglia è svanito, o semplicemente non è mai giunto per noi: abbiamo perso senza batterci, forse? Ogni cosa resta in superficie qui, ora, pallottole argentate sono questi ricordi, come un passato ingombrante che non puoi celare, non più. Eppure la memoria è svanita, scomparsa, ora. Non c’è più tempo per la magia, né tanto meno per l’innocenza, ma solo per queste due fessure che un tempo gli altri chiamavano occhi. Grandi occhi nocciola, sì, è così. Ora c’è un silenzio irreale che cala su questa stanca città. Sto navigando indietro, a prima che io avessi coscienza, a prima che io fossi anche soltanto un pensiero. Dormirò per tutto il resto della mia vita, ammesso che questa possa essere definita vita. Le mie armi consunte sono fuori dalla mia portata, ma questo è solo un bene: saprei forse usarle contro il mio nemico inesistente, meglio di come le userei su me stesso, per scopi militari, medici o presunti tali? Attendo il referto, ma so già che sei spacciato, se mi stai leggendo, ora, vuol dire che qualcuno tra me e te non ce l’ha fatta, che l’ultimo assalto non ha avuto un esito positivo, che siamo stati tagliati fuori, definitivamente, dal campo di battaglia. Sento ancora le rotaie d’acciaio vibrare sopra la nostra testa. Abbiamo dato inizio alla battaglia, ma non resisteremo per vederne la sua fine, si vinca o si perda, non dipende più dal nostro destino.

C’è un mondo dentro questo mondo che non riesco a svelare. C’è un vento idiota che spira. La sentinella avanza nella sempiterna notte. Sentinella, quanto resta della notte? Qui ho vissuto e qui ho cantato il Poema della Regina dal piede d’oca. Qui ho vissuto e ho piantato i semi del mio destino. Saranno cresciuti oppure sono andati perduti nel diluvio? Mentre la Bambina dagli occhi pistacchio mi osserva perplessa, senza capire. Sballottato dai venti e dai mari, nutro ora la mia anima col pensiero, con la speranza, che non siamo morti invano, ostaggi della malinconia e di un destino a noi avverso. Ora questo luogo è infestato, siamo accerchiati, i nemici ci sovrastano in numero, Chiudo gli occhi del nostro capitano, possa riposare in pace. La sua lunga notte è finita, il grande capo è stato abbattuto, era pronto a cadere, era pronto a difendere. Ucciso al primo colpo dai suoi stessi uomini e dalla speranza di vivere in un mondo migliore. Nell’oscurità sento il richiamo della vita, vedo i miei compagni, dal primo all’ultimo, inclusi quelli che ormai da tempo ci hanno abbandonato al loro destino, al nostro futuro che non si compirà. Le ferite che non si rimarginano sono le parole che non ho avuto il cuore di dirti, ma nessun addio è facile, pensa il nostro, pensa il tuo. Grandi occhi nocciola, sì, è così. E’ più facile pensare che ci sarà ancora un domani, un giorno di sole rigoglioso, con tutti i miei compagni, a bere e scherzare e a ricordare, le parole che non ci siamo mai detti, la fratellanza che si reggeva dentro l’intesa di uno sguardo. E’ difficile essere uomini, ma è difficile essere ogni forma vivente, oggi. Amico mio, guardami adesso, dimmi che sbagliavo, che Leonida era folle, che nessuno potrà mai reclamare che ho iniziato io le ostilità contro di te, il mio stesso sangue, giù fino ai sacri pacifici campi. Risuona lo squillo della battaglia, ma io non ci sarò, Sarò andato già via, alle prime luci dell’alba. Di nuovo in viaggio, di nuovo vivo. Forse.

E' l'ultima ora dell'ultimo giorno dell'ultimo anno felice. Sento che il mondo sconosciuto è vicino. L'orgoglio svanirà e la gloria marcirà, ma la virtù sopravvive e non può essere dimenticata.

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